Ogni volta che colleghiamo cuffie, smartphone o altoparlanti senza fili, usiamo una tecnologia chiamata Bluetooth, diventata ormai parte integrante della nostra quotidianità. Eppure, pochissimi conoscono la sorprendente storia che collega questa moderna invenzione tecnologica ad un leggendario re vichingo vissuto oltre mille anni fa.
Chi era Harald “Dente Blu”?
Per capire questa affascinante storia, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo fino al X secolo, nella fredda Scandinavia, tra il 911 e il 986 circa. Qui troviamo Harald I di Danimarca, meglio conosciuto con il soprannome di Harald Blåtand, ovvero Harald "Dente Blu".
Harald regnò come sovrano della Danimarca e della Norvegia, distinguendosi per la capacità straordinaria di unire popoli in lotta fra loro. Ma perché "Dente Blu"? Secondo la leggenda, Harald amava particolarmente mangiare mirtilli, tanto che aveva almeno un dente completamente blu. Altre versioni raccontano invece che il soprannome derivasse da un dente scuro o danneggiato in battaglia. Qualunque sia la verità, questo insolito appellativo è passato alla storia come simbolo di unione e di pacificazione.
L'unificazione scandinava
Durante il suo regno, Harald compì imprese straordinarie: riuscì a unificare la Danimarca e parte della Norvegia, portò la cristianità nelle sue terre, costruì infrastrutture e ponti, e creò una rete di comunicazione efficace fra i vari villaggi. Fu un re capace di connettere popoli lontani e tribù ostili, creando una sorta di "rete sociale" ante litteram.
Questa abilità di unire e collegare popoli diversi sotto un'unica guida lo rese leggendario. E proprio questo spirito di collegamento e unione divenne fondamentale secoli dopo, per la scelta del nome di una delle tecnologie più popolari al mondo.
Come nasce il nome “Bluetooth”?
Verso la fine degli anni '90, alcuni giganti della tecnologia come Intel, Ericsson e Nokia cercavano di sviluppare uno standard comune per collegare fra loro dispositivi wireless diversi, superando la barriera rappresentata dalle incompatibilità tecniche. Il gruppo incaricato del progetto voleva trovare un nome simbolico, qualcosa che richiamasse il concetto di unità, integrazione e connessione fra realtà molto diverse.
Durante un incontro del 1997, uno degli ingegneri di Intel, Jim Kardach, che proprio in quel periodo stava leggendo un libro sulla storia vichinga, propose scherzosamente di chiamare la tecnologia "Bluetooth", ispirandosi proprio al Re Harald Blåtand. L’idea era perfetta: proprio come Harald aveva unito popoli divisi, così la nuova tecnologia avrebbe unito dispositivi diversi fra loro. Inizialmente, il nome doveva essere provvisorio, una soluzione simpatica in attesa di un nome più serio.
Ma, come spesso accade nella storia, il nome provvisorio conquistò rapidamente tutti e divenne ufficiale, tanto da resistere fino ai nostri giorni.
Il segreto nascosto nel simbolo del Bluetooth
Ma non è tutto: l’eredità vichinga di Harald Dente Blu è anche nascosta in piena vista nel logo stesso del Bluetooth. Il simbolo, infatti, è composto dalla combinazione stilizzata di due lettere dell’alfabeto runico:
- ᚼ (Hagalaz) equivalente alla nostra "H".
- ᛒ (Berkanan) equivalente alla nostra "B".
Queste due lettere rappresentano proprio le iniziali di Harald Blåtand. Un tributo esplicito, nascosto nella grafica di un simbolo che utilizziamo quotidianamente senza neanche pensarci.
Il lascito di Harald nella tecnologia moderna
Così, il re vichingo Harald, con la sua capacità di creare unità e connessioni, è diventato inconsapevolmente il simbolo perfetto per una tecnologia che oggi permette a miliardi di dispositivi nel mondo di comunicare tra loro senza fili.
Bluetooth è diventato sinonimo di connessione immediata, efficace, universale. Un ponte invisibile tra dispositivi che parlano lingue differenti, proprio come Harald era stato un ponte tra culture diverse oltre mille anni fa.
Ogni volta che usiamo questa tecnologia, ricordiamo dunque una storia affascinante: quella di un antico re vichingo, Harald "Dente Blu", che continua ancora oggi a "unire" persone e mondi lontani, esattamente come faceva nel X secolo.
La tecnologia, a volte, può raccontarci storie davvero sorprendenti, nascoste proprio sotto i nostri occhi.
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