Negli anni '60, mentre il mondo sognava lo spazio, la tecnologia e la creatività iniziarono a ballare insieme. Non era ancora l’era della Pixar, né quella delle grandi produzioni in 3D, ma qualcosa stava cambiando. In silenzio, ma con una scintilla di magia. Fu in questo scenario che due giganti – uno dell’intrattenimento, l’altro dell’informatica – si trovarono sullo stesso binario: Disney e IBM.
Sembra l’inizio di una favola moderna. E in un certo senso, lo è.
Dove tutto ebbe inizio
Siamo nel pieno della Guerra Fredda, ma anche in un periodo di enorme fermento culturale e tecnologico. Walt Disney, visionario per eccellenza, aveva già portato l’animazione a livelli altissimi con film come Biancaneve e Fantasia. Ma non si fermava mai. Era ossessionato dall’idea di coniugare arte e scienza, immaginazione e ingegneria. E mentre pensava a EPCOT – la città del futuro – guardava con attenzione alle nuove frontiere del calcolo elettronico.
Dall’altra parte, la IBM (International Business Machines), leader nei computer aziendali, stava cercando nuovi orizzonti. I suoi calcolatori occupavano stanze intere, ma già si parlava di renderli più accessibili, più umani. E cosa c’era di più umano della narrazione? Della fantasia?
L’incontro tra due mondi
La collaborazione tra Disney e IBM prese forma con l’obiettivo di rendere la tecnologia comprensibile e affascinante per il grande pubblico. Non bastava parlare di computer: bisognava raccontarli. Mostrare cosa potessero fare. E chi meglio degli animatori Disney per visualizzare l’invisibile?
Nel 1961 nasce uno dei progetti più pionieristici: “Our Friend the Atom” (Il nostro amico atomo). Anche se incentrato sulla fisica nucleare, è uno dei primi tentativi di usare animazione avanzata per spiegare concetti scientifici. La produzione coinvolge non solo artisti, ma anche esperti di IBM, per rendere i contenuti rigorosi ma accessibili.
Ma è negli anni successivi, con l’evoluzione dei computer grafici, che il dialogo si intensifica.
L'alba della grafica digitale
Negli anni '70, la grafica computerizzata era agli albori. I primi esperimenti venivano fatti in ambienti accademici o industriali. Ma Disney iniziò a osservare questi esperimenti con occhi diversi: non solo per calcoli, ma per emozioni visive. La casa di Topolino iniziò a collaborare con IBM e altre realtà emergenti per testare l'uso dei computer nelle animazioni.
Uno dei momenti chiave fu la realizzazione del film Tron nel 1982 (nato da questa semina culturale decennale). Anche se uscito oltre il periodo di cui stiamo parlando, Tron è figlio di quella visione iniziata molto prima: computer e immaginazione che si fondono in un’estetica mai vista. I produttori usarono computer IBM e Cray per creare sequenze digitali che ancora oggi stupiscono.
L’Expo 1964: Disney, IBM e il futuro
Un altro momento cruciale di questo sodalizio fu l’Esposizione Universale di New York del 1964. Disney progettò per IBM un intero padiglione chiamato “The Information Machine”. Una vera meraviglia: c’erano schermi interattivi, contenuti educativi animati e una “macchina” che raccontava il mondo dell’informazione automatizzata. Era una fusione perfetta tra stile Disney e potenza tecnologica IBM.
In quegli anni, si sperimentava anche con le prime tavolette grafiche, le macchine per l’animazione assistita al computer, e i plotter per stampare disegni digitali. IBM forniva il cuore tecnologico, Disney metteva il cuore narrativo.
Quando l’arte abbraccia il codice
Non era ancora il tempo delle app, di Internet o della realtà virtuale. Ma in quegli uffici e laboratori, si stava tracciando il sentiero per tutto ciò che oggi diamo per scontato: film animati al computer, effetti speciali digitali, videogiochi interattivi.
Persone come John Whitney – considerato il padre della computer animation – collaboravano con IBM per creare cortometraggi astratti, e Disney osservava da vicino. I tecnici di IBM iniziarono a parlare il linguaggio degli animatori, e viceversa. Si costruiva un ponte fatto di codice e creatività.
Un’eredità poco raccontata
Oggi si parla tanto di tecnologia e creatività, di startup e innovazione. Ma pochi ricordano quel momento storico in cui una multinazionale informatica e uno studio di animazione hanno collaborato per mostrare al mondo che anche i numeri possono raccontare storie.
È da lì che nasce tutto. Da quel “ballo” tra due mondi apparentemente distanti. Da quei primi fotogrammi disegnati al computer, che oggi ci portano in galassie lontane o in mondi magici con un clic.
Cinematica digitale non è solo una tecnica: è una rivoluzione culturale. E tutto è cominciato quando Disney e IBM si sono stretti la mano.
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